Memorie storiche della Madonna della Misericordia – Giosuè Cecconi

MEMORIE STORICHE
DELLA
MADONNA DELLA MISERICORDIA
VENERATA NELLA CHIESA PARROCCHIALE
IN BORGO SAN GIACOMO
DELLA CITTÀ DI OSIMO
RACCOLTE E ILLUSTRATE
DAL CAV. GIOSUÈ CECCONI

OSIMO,
STAMPERIA DI V. ROSSI,
1892.

In un tempo da noi molto lontano, quando la città nostra governavasi a libero reggimento di popolo, non molto lungi dalle sue mura nella parte di mezzogiorno verso occidente, nei pressi ove è adesso situata la Chiesa della MADONNA DELLA MISERICORDIA in Borgo S. Giacomo, era un campo chiamato il Campo della Giustizia, dove era un patibolo di marmo destinato alla esecuzione della pena di morte per i malfattori e i banditi.

Sull’esempio delle più nobili e primarie città italiane, alcuni fra i più distinti cittadini eransi uniti in pia società sotto l’invocazione di San Giovanni Decollato, e si erano assunti l’obbligo di accompagnare con uniforme abito lugubre, e con devote preghiere e conforti, i delinquenti al supplizio.

E perchè, a titolo d’infamia e disdoro, i cadaveri dei giustiziati, sebbene per segni di cristiana penitenza morti in grembo di santa Chiesa, per antico abuso, e contrariamente alle costituzioni dei sacri canoni, erano sepolti nella nuda terra in quell’aperta campagna, quei nostri vecchi antenati, a tutte le loro spese, fecero ivi fabbricare una chiesuola con sepoltura, e sopra un rozzo altare collocarono un’ Immagine della vergine che chiamossi Madonna della Giustizia. Di quella chiesuola la Società di San Giovanni Decollato ebbe in avvenire giurisdizione e cura.

Nelle quattr’ultime arcate a tramontana del Loggiato che fronteggia l’attual piazza Boccolino, sorgeva da più secoli un riguardevole Tempio che i nostri antichi opinarono delicato al culto di Deità pagane, e quindi con debite espiazione consacrato ai santi riti della Religione Cattolica.

In quel tempio, fin dal principiare del milletrecento, era venerata l’antichissima Immagine della Beata Vergine, della quale imprendiamo raccontare la breve storia, e fin d’allora quella Chiesa ebbe titolo di Parrocchia di S. Maria del Mercato.

Intanto la pia Società di San Giovanni Decollato, della quale si è fatta parola, nell’anno 1564 era stata canonicamente eretta a Confraternita della Morte, che più tardi, nel 1606, fu aggregata alla Ven. Archiconfraternita della morte di Roma.

Vivendo a disagio nell’antica chiesa parrocchiale di S. Lucia, nella quale convenivano confrati per compiere i loro spirituali esercizi e le pratiche volute dai proprii statuti, fu traslocata nel 1578 dal vescovo Cornelio Fermani in questa Chiesa di S. Maria del Mercato.

Nell’anno 1592, resa vacante la parrocchia, il Card. Antonio Maria Gallo nostro Vescovo e patrizio, con autorità del Papa Clemente VIII, la soppresse, e la Chiesa venne esclusivamente officiata, provveduta e governata dalla Confraternita della morte.

E perché per la sua assai remota antichità minacciava da ogni parte imminente ruina, ed era opera affatto vana restaurarla, la Confraternita stessa venuta in agiata floridezza, e molto cresciuta di numero per il concorso di nobili patrizi e del fior fiore dei cittadini che vi appartenevano, la fece demolire fin dalle fondamenta, ed erigervi una nuova chiesa che fu felicemente compiuta nell’anno 1604 con titolo di Santa Maria di Piazza.

Quella Chiesa, di forma rettangolare, oltre la maggior Cappella, tre ne aveva nella parte di tramontana con relativi altari, e muro che abbiamo accennato, e la collocò sul rozzo altare fatta segno in brevissima ora di devota venerazione a’ rari passeggieri e ad umili agricoltori di quei dintorni.

Nell’anno 1655, o in quel torno di tempo, alcuni devoti, tutta gente umile e povera, si mossero a visitarla con frequenti preghiere, ad ornare di fiori l’altare, e ad accendervi qualche lampada o candela. Andava intanto, coll’ andar del tempo, crescendo il numero dei devoti, e cominciò a correr vagamente e incerta la voce di grazie ottenute, e di scampati pericoli per intercessione della sacra Immagine, quindi sempre nuova e più numerosa gente in devoto pellegrinaggio riversarsi a quella Cappella.

O perché quella dimostrazione alla Madre di Dio fosse divenuta troppo mondana e incomposta da temerne offeso l’onore di Dio e la santità del luogo, o per altri plausibili motivi che non conosciamo, il Cardinal d’ Araceli vescovo della Città fece chiudere per qualche tempo la chiesuola.

« Se non che nel 1661 alli 24 aprile, (trascriviamo alla lettera le parole del Codice:) fu per divino autentico vero quanto nel tempo sopraccennato si sparse, poiché tante furono le gratie che li devoti di quella sacra Immagine riceverono in pochi mesi, che ne corse la fama in tutte le province vicine e lontane, e da ogni parte concorsero ad adorarla popoli intieri !… I ciechi ritrovarono il lume perduto, gli attratti delle membra, ed i tormentati da dolori si alzarono in piedi e camminarono liberi. Con l’olio della lampada si saldarono in un momento fistole e piaghe incancarite. Senza numero furono infermi di febre, che sorsero sani. Fu chi dal morso di vipera nel mese di agosto, avendo già per tutte le membra contratto e diffuso il veleno con tutti li accidenti mortali stava, munito degli estremi aiuti della chiesa, per far passaggio, appena unto coll’ olio medesimo, et invocato dalli Assistenti il nome della Beata Vergine, respirò come da un profondo sonno, e sorse libero».

Noi qui non ci faremo a narrare per filo e per segno le molte grazie e le prodigiose guarigioni ottenute per intercessione della Vergine dal 24 aprile 1661 al 20 marzo 1664, come si legge in quel vecchio codice, e ci limiteremo a dire come tutta la città nostra fosse allora commossa da segni così mirabili, e come presa da devoto e religioso entusiasmo di giorno e di notte non cessasse con processioni, canti e preghiere di visitare la santa Cappella. Né solamente entro la cerchia delle nostre mura, e nell’intero esteso nostro contado si limitò il culto e la venerazione alla sacra Immagine; ma da ogni parte della nostra e delle limitrofe province, e perfino da Bologna Baldassare Coli, a da Milano Francesco Calza vennero infermi ad implorare dalla divina Madre la perduta salute.

Di quel devoto entusiasmo dei nostri antichi padri, noi oggi assistiamo ad una seconda edizione notabilmente e straordinariamente accresciuta da pellegrinaggi e da sodalizi, da canti religiosi e da processioni alla chiesuola della Vergine Addolorata nella valle di Campocavallo di questo nostro territorio, dove dalle Città, Terre e Castella della nostra non solamente, ma anche delle vicine e lontane province, si riversa quotidianamente una meravigliosa e sempre crescente onda di popolo implorando grazie e prodigi, e recante doni ed offerte in tale misura, che a stento vi crederanno coloro

« che questo tempo chiameranno antico ».

Intanto perché larghe oltre misura erano le elemosine, e ricchi i donativi di ogni genere offerti all’ altare della Vergine be­nedetta, si era stabilito di ingrandire ed abbellire decorosamente la umile chiesuola, la Confraternita della Morte con prudente consiglio, pregò l’ Eminentissimo Vescovo Bichi di eleggere dal corpo di essa compa­gnia, persone che sotto la sua direzione ed, autorità sorvegliassero alla fabbrica, ed alla scrupolosa erogazione delle offerte  e delle elemosine.

Il Card. Vescovo accolse benignamente le domande della Confraternita, e nominò una deputazione di uomini e di donne con il seguente Decreto.

ANTONIO
DEL TITOLO DI S. AGOSTINO
DELLA. S. R. C.
PRETE CARDINALE BICHI
VESCOVO D’ OSIMO.

Meritano le gratie che così frequenti si compiace di fare alli suoi devoti la Glo­riosa Vergine della MISERICORDIA appresso la Giustitia fuori delle mura di questa città, e la nostra particolare riverenza alla stessa B. Vergine, che Noi non solo invi­giliamo ,alla maggior venerazione verso la

sua S. Immagine, ma provvediamo ancora che  sieno ben conservate et impiegate le offerte, e l’elemosine che si lasciano dalla pietà dei fedeli in honore suo, e per  abbellimento ed augumento insieme della sua Cappella.

Gl’ infrascritti deputati da Noi di questo santo Luogo dovranno quanto prima radunarsi, ,e poi ogni volta che bisogna, almeno ogni quindici giorni, e distribuirsi fra loro gl’ uffitii necessarj per servitio di esso, do­vendo toccare a loro la cura d’ indrizzare la Fabrica e sopraintendere e provvedere alli bisogni d’essa con esseguire ciascuno per la sua parte ciò, che dalla Congrega­zione de’ medesimi deputati sarà ordinato. Spettarà a loro il cavare li danari dalle cassette, notar li sopra li libri, e metterli nella Cassa di Depositi. . Avvertendo chi tiene le chiavi di non aprir mai alcuna cassetta, se non con l’ assistenza di due, o. almeno di uno dei compagni in questa De­putatione. Parimenti sarà offitio delli De­putati di porger aiuto alle donne che ma­neggiaranno la robba della Cappella come di sopra, acciò notino esse ancora le cose che Loro si assegnaranno; in  aver cura che il ritratto che si cavarà dalla vendita delle medesime, robbe si metta nella cassa di depositi con  ricorrere a Noi in caso di qualche difficoltà,. affinchè possiamo prendere li rimedj opportuni.

Dell’ infrascritto Sacrestano sarà incom­benza particolare aprir la Chiesa la mat­tina a buon hora, e serrarla la sera al tardi finito il concorso, e quando bisogna, scoparla e tenerla ben polita, con dare insieme edi­ficatione al popolo in tutto il suo ministerio, avvertendo con carità quelli che dalla B. Vergine ricevono gratie d’inviarli a de­nunziare alla nostra Cancellaria, acciò resti alla Posterità sempre viva memoria di sì benigna Benefattrice. Ogni prima e terza Domenica del mese haverà obbligo di chiamare la Congregatione delli Deputati con il Priore della Compagnia pro tempore, dalli quali per mercede delle sue fatiche li sarà contribuito un fiorino il mese.

Alla Gentildonna e Donna infrascritte apparterà la cura di pigliare ogni lunedì li panni superflui che saranno esposti nella Cappella, come anco la seta, lana e lino e cose simili con registrarle nell’ inventario, e venderle poi nel miglior modo che sarà possibile, facendo ogni mese aggiustare il conto delle cose vendute, mandando il de­naro nella Cassa Depositi, quando non vi sia bisogno per servitio della Cappella, intorno a che dovranno intendersi con li De­putati, 0 con chi sarà destinato a questo effetto.

Deputati sopra la Cappella
Signor Tomaso Fiorini
Don Giuseppe Vici
Signor Giulio Pierantonj
Signore Antonio Maria Piermarini Francesco Greco
Tomaso Vici

Cappellani
Signor Costantino Galli
D. Desiderio Gismondi

Sacrestano
D. Antonio Benigni

Deputate
La Signora Maria Francesca Gallo
Maria Giovanna Prosperi

Dato in Osimo dal nostro Palazzo Episcopale li 21 Giugno 1661

A. Cardo Bichi

AMBROSIO LANCETTI segretario

Risulta da un Registro unito a quel codice che va dal 24 aprile di quell’anno fino al 30 giugno del 1681, che tali e tante considerevoli furono le somme di danaro versate da quei Deputati nelle mani di Maestro Tommaso Vici depositario della Confraternità della morte. (Scudi 5661, Baiocchi 37 e mezzo. Grano Rub. 165, Cop. 7. Prov. 1) che non reca meraviglia alcuna se i Confrati di quella Compagnia stessa pittostochè allargare ed abbellire la Cappella deliberassero di fabbricare di pianta una nuova chiesa col Titolo della MADONNA DELLA MISERICORDIA.

E’ a sapersi che anche qui in Osimo, come era uso in altre città; Terre e Ca­stella della nostra Marca, fin da antico tempo, a pochi passi fuor delle mura della Città a sinistra di chi usciva da Porta Vaccaro, era stata eretta una piccola Chiesuola dedicata alla Madonna delle grazie, a guardia e custodia della Città medesima, come cristianamente la pensavano quei no­stri vecchi e buoni nonni i quali, dicasi di essi ciò che si vuole, vivevano nella piena fede che «Nisi Deus custodierit Civitatem, frustra vigilat qui custodit eam. »

Quella Chiesuola fu demolita sul prin­cipiare del presente secolo, e l’ Immagine della Vergine assai maestrevolmente di­pinta a fresco sul muro, fu trasportata nella chiesa di S. Marco dove oggi è ve­nerata nel primo altare a man sinistra di chi entra in quella Chiesa.

Nell’ anno 1565 per gratitudine a molte grazie e a segnalati prodigii, a una gittata di sasso fuor delle mura a mezzo giorno della Città, per concorso di ogni ordine, di cittadini fu eretta la chiesa della Madonna della Pietà, la cui Immagine ivi si venera con tenera divozione.

Sull’ esempio di que’ loro antichi Avi, i quali di quei titoli avevano fregiata la Vergine, i Confratri della morte, facendo fabbricare, come di sopra abbiamo  veduto, la nuova chiesa, non trovarono altro di meglio, che, cambiato il titolo di Madonna, della giustizia, che proveniva alla Cap­pella dal nome del luogo, sorgesse con quello della MADONNA DELLA MISERICORDIA.

Ai 22 di Maggio del 1662 1’Eminentissimo  Card. Vescovo, pontificalmente vestito, con

l’ assistenza de’ suoi canonici e parte del clero, alla presenza del Priore della Com­pagnia con buon numero di Fratelli, e di ogni ordine di cittadini accorsi alla solenne cerimonia, gettò la prima pietra nella quale era incise le parole:

DEIPARAE VIRGINI MISERICORDIAE
PARENTI MIRACOLORUM OPIFICI
ANTONIUS CARDINALIS BICHIUS
EPISCOPUS AUXIMANUS
LAPIDEM POSUIT ANNO D.MI MDCLXII.

Oltre questa epigrafe, fu collocata nei fondamenti una Medaglia di bronzo avente  da una parte » Ostendit Deus Misericordiam in domo Matris suae, e dall’ altra » Alexander VII Pont. Max .

La chiesa intanto veniva sorgendo bella, e maestosa su disegno del nostro nobile  patrizio Antonio Maria Sinibaldi, assai ben riuscito e universalmente lodato. Nello spazio di poco più di anno fu felicemente com­piuta, e la sacra Immagine della Vergine collocata nel maggiore altare alla venerazione dei fedeli.

Se non che, o per lo smodato desiderio di veder presto compiuta la Fabbrica, i deputati che alternatamente la. presiede­vano poco vegliassero e 1’accuratezza del lavoro e la qualità dei materiali, o vera­mente e con maggior ragione, come opinò il Marchese Cav. Amico Ricci di Mace­rata, il Sinibaldi, vivendo in quel tempo che il gonfio, lo stravagante e il sorpren­dente era il genio del secolo, non bene ri­flettesse alle ragioni di poca solidità, fatto sta che la notte del 28 al 29 novembre 1663, la cuppola ruinò con orribile fracasso, ti­rando seco i tetti e parte delle muraglie delle quattro braccia del Tempio, seppellendo sotto le macerie la sacra Immagine la quale, cosa mirabile a dirsi, non sola­mente rimase illesa, ma non furono neppur tocchi i cristalli che la coprivano. Il canonico Flaminio Guarnieri scrittore contemporaneo, così racconta il fatto nel suo Mescuglio a pag. 99.

« Adi 28 novembre, notte seguente verso il  29 dell’ anno 1663, cadde la cuppola della  chiesa della Madonna della Misericordia  miracolosissima: et era quasi già finita di tutto punto etcc. Sconquassò le altre muraglie in modo che non si potè più fare come aveva designato etc., il disegno fu del signor Antonio Maria Sinibaldi da Osimo. Si è fatta rifare nel miglior modo che si è potuto, con dare ai fabricieri duecento cinquanta scudi, e tutta la ma­teria etc. Il miracolo fu che la santa Immagine in tante macerie di pietra non restò lesa di sorte alcuna, et nemmeno i vetri ch’ erano avanti etc. e da quel giorno fu collocata in Santa Maria di Piazza nell’ Altare dello Spirito Santo. Aggiustata la chiesa, fu riportata… con una processione generale, di capitolo, cle­ro, compagnie e religiosi, coll’ intervento dell’ E.mo Vescoyo, e tutti portavano torcie, e fiaccole di cera… che per carità furono   lasciate alla B. Vergine … e fa grandissime grazie, e miraçoli di continuo ».

Quel trasporto dell’ Immagine alla nuova Chiesa avvenne il 30 Marzo 1664.

Sebbene coll’ andar del tempo si rallen­tassero que’ primi fervori della frequenza dei forestieri, non per questo cessò nel popolo osimano la costante venerazione alla sagra Immagine, e a renderla sempre maggiore, il Magistrato della Città con Decreto del 7 Giugno 1670 stabilì che la fiera del 4 agosto, che fino da antichi tempi si te­neva presso 1’attual Chiesa e Ponte di S. Domenico su1 Musone, e quel1a del giorno 16 del1o stesso mese presso la Chiesa di San Savino, fossero trasportate presso la nuova Chiesa della Misericordia. Quel Decreto che ebbe vigore fino alla seconda Deca del presente nostro secolo, ebbe origine dalla seguente proposta.

N.o 8. Ill.mi  Signori. I Deputati della Madonna Santissima della Misericordia sa­pendo molto bene l’ ottima volontà di que­sto Ill.mo Consiglio nell’ augumento del1a veneratione di questa Beatissima Vergine e nel commodo utile della nostra città, li rappresentano che tutto si conseguirebbe con somma lode di Lor’ altri Ill.mi Signori e soddisfatione della Patria se si compia­cessero di trasportare le due fiere d’Agosto, cioè di S. Domenico, e S. Savino nella Piazza davanti la chiesa di questa Madonna Santissima. Primieramente tutto si farebbe senza alcun pregiudizio della giurisdizione e facoltà che ha il nostro Pubblico in dd. fiere. La chiesa darebbe la commodità delle stanze, con la quale evitando le spese de’ Capitani potrebbe 1’Ill.mo Magistrato con il suo decoro assistere da se medesimo alla giurisdittione, e lasciando il vago aspetto che renderebbe alle Mura della Città dove hoggi per il disagio che dà la lontananza e la campagna vedesi quasi in tutto abban­donate, per la veneratione di questa mira­colosa Immagine si accrescerebbe il con­corso de’ forastieri et per il commodo  che ne haverebbe la città, sarebbero di Nobiltà, Cittadini e d’Artigiani più numerose e popolate, per le quali cagioni si vede apertamente che si accrescerebbe il traffico, e ritornerebbero le nostre fiere nella pri­miera stima e concetto, Si supplica dunque questo illustrissimo Consiglio con il con­senso desiderato voler dimostrare questa gratitudine a così Miracolosa Immagine, e dare insieme questo commodo et utile alla propria Patria, mentre hoggi con la protettione e presenza del nostro E.mo Pasto­re abbiamo fortuna di potere impetrare dalla Consulta quanto per questo santissimo effetto è necessario. Il tutto si riconoscerà dalla pietà e providenza di Lor’altri Ill.mi Signori. Quos Deus etc.

Per questi atti di tenera divozione e di filiale affetto quei nostri antichi Padri at­tribuirono alla intercessione della MADONNA DELLA MISERICORDIA le grazie e i prodigj che andavano di giorno in giorno ottenendo e più particolarmente attestarono di rico­noscere costante il suo valevole patrocinio nell’anno 1715 e nel maggio 1716 nel pri­mo de’ quali il popolo non sentì, come nelle altre città d’ Italia, gli effettì di una quasi universale carestia, e nel secondo uscì quasi immune da maligna fierissima  pestilenza  che, tolta in pochi giorni la vita a molti cittadini, minacciava spaventosamente la cittadinanza  intera che, come allora si disse, fu miracolosamente salva per intercessione della Vergine.

» Una dimostrazione di così manifesta tenerezza e della Protezione di Maria (così leggiamo in una antichissima stampa, che per la sua, rarità e a corredo di que­sta storia a noi piace riportare per intero), risvegliò la magnanima divozione dell’ Eminentissimo nostro Vescovo, e della città tutta  a qualche distinta, dimostrazione di grata riconoscenza, verso 1’Augusta Bene­fattrice; che    però venne in pensiero di supplicare l’illustrissimo e reverendissimo capitolo della sacrosanta basilica vaticana a voler rendere illustre la nostra ricono­scenza con una delle corone d’oro solite a tributarsi, alle più famose Immagini di Maria, nell’ Italia, secondo la splendida di­sposizione della chia. mem. del conte Ales­sandro Sforza. La venerata, e autorevole interposizione del nostro porporato pastore, l’ insigne beneficenza di quel sacro consesso, e la fortuna insieme, e 1’ onore di avervi in esso la nostra patria, un prelato di quella stima, di quella aspettazione, e di quel merito, che gode 1′ illustrissimo,  e reverendissimo monsignor Raniero Simonetti  Patrizio e splendore di questa città, resero fortunati i nostri desideri, ed adempiti i voti della pubblica, e privata gratitudine verso la Clementissima nostra Regina.

Accordatasi dunque la grazia per il gior­no 8 di settembre dell’ anno 1720, giorno sì fausto a tutto il cristianesimo per la na­scita dell’ Augustissima Madre e che sarà sempre memorabile ad Osimo per le solenni convenienze del nostro ossequio verso della medesima. L’illustrissimo magistrato coll’oracolo del prestantissimo generale Consiglio, elesse quattro gentiluomini de’ più cospicui per accudire a’ debiti preparamenti alla sacra Inaugurazione, che voleva ren­dersi quanto più si potea uguale nello splendore al pubblico e privato amore e riverenza verso la Celeste Regina. Questi abbracciato di buona voglia un’ impiego così geniale alla loro pietà, non è.. credibile la prudente condotta, e l’instancabile, e generosa attenzione, con la quale senza ri­sparmio di spese, e di fatiche si maneg­giarono per condurre felicemente a fine a gloria di Maria, e della patria un carico sì solenne,e sì sacro.

Approsimandosi intanto il tempo sospirato,e sentendosi di già la mossa di Mons. Illustrissimo Simonetti, Delegato dell’ Illustrissimo e Reverendissimo Capitolo di S. Pietro a portare le auree corone; l’ Illustrissimo Magistrato si trasferì personalmente dall’ Eminentissimo Signor Cardinale Spada il giorno delli 30 agosto per implorare dall’ Eminenza Sua la benigna assistenza, e la sua autorevole direzione pel buon regolamento della funzione. In seguito di ciò l’Eminenza Sua fe’ pubblicare un decreto d’avviso, e di eccitamento alla sospirata solennità, e tra le altre prudentissime disposizioni ordinò, che la domenica primo di settembre, che vale a dire otto giorni innante la sacra funzione ogni sera fino al venerdì, in segno di giubilo sù le ore ventitré al primo tocco delle campane della Cattedrale, dovessero suonare tutte le altre chiese, ciò che servì mirabilmente per disporre ad una straordinaria divozione i cuori de’ cittadini, che a quel festivo e sacro rimbombo non solo udivansi inviar preci a Maria, ma ancora vedevasi versar lacrime, e di compunzione, e di tenerezza divota. Il sabato poi giorno precedente alla Solennità sì all’aurora, che a mezzogiorno, e alla sera si replicò  il suono medesimo, collo sparo dell’artiglieria, e dei mortari, il che rinnovò i sensi di una indicibile, santa e sempre maggiore allegrezza.

Intanto giunto in città il nostro Illustratissimo Prelato il dì delli 2 settembre, incontrato da molte carrozze di cavalieri due miglia lontano dalla medesima, e singolarmente da’ Signori Deputati della festa, ricevuti in appresso la visita di tutta la nobiltà, e Clero non tanto secolare che regolare, e tra esso il P. Reverendissimo Generale dei Monaci Silvestrini, a’ quali la nostra patria si gloria di aver dato il fondatore della Famiglia Guzzolini; da’ Signori di magistrato si fece elezioni di due Gentiluomini Deputati a complire con Monsignore, non riserva a suo tempo di’ adempire personalmente alle proprie parti. Detto monsignore Illustrissimo, destinò il giorno delli 6, per porsi in pubblico, e essere, dall’Eminentissimo Signor Cardinale Vescovo a fine di supplicarlo di voler accrescere decoro alla funzione col fare egli stesso la coronazione coll’ assistenza di Sua Signoria Illustrissima. Datone però precedente avviso al Reverendissimo Capitolo, e all’Illustrissimo Magistrato; la mattina di detto giorno tutta la Nobiltà si portò al palazzo del Prelato, dal quale fù accolto con le maniere più proprie del suo animo gentilissimo, ed onorata di nobili, e copiosi rinfreschi. Con un corteggio sì numeroso, e sì nobile si portò al Palazzo Episcopale a piedi seguito dalla sua carozza in abito relattizzio con rocchetto, e mantelletta, e giuntovi, ebbe dall’ E. S. un’accoglimento corrispondente non meno all’indole nobile, e generosa di Sua Eminenza, che al merito distintissimo del Prelato, accettando l’invito con espressioni di aggradimento di stima; dopo di che ritornato col medesimo accompagnamento al proprio Palazzo ricevette le visite del Reverendissimo Capitolo della nostra Cattedrale, e dell’ Illustrassimo Magistrato personalmente.

Fra questo tempo saputosi essere in movimento tutta la Provincia per intervenire alla grande Solennità, per maggior comodo del concorso, fu destinata alla funzione la Chiesa de PP. Conventuali di San Francesco, che è situata dentro della città, come la più capace. Ma per esser questa d’ un’ampiezza, ed altezza considerabile, non costò poca fatica ai Signori Deputati il provvedere tutto il bisognevole per adornarla col conveniente decoro. A questo fine furono levati da Bologna i più celebri addobbatori, che provveduti di prodigiosa quantità di damaschi, e altri drappi di seta di differenti colori fecero un’apparato de’ più vaghi, e magnifici, che abbia ancor veduto la nostra provincia. A questo cooperò generosamente la compitissima benignità dell’Eminentissimo Sig. Cardinal Bussi Vescovo di Ancona, somministrando con una dignevolissima prontezza tutto ciò che seppe chiedere con divote istanze la nostra Città; ed egli si degnerà bene di riceverne questo publico attestato, come un testimonio della eterna riconoscenza di questo publico.

Fu dunque privatamente trasportata l’immagine a questa Chiesa il sabato delli sette settembre vigilia della Nascita, e della inaugurazione di Nostra Signora col solo intervento de PP. Conventuali, e Nobiltà in abito alla Romana con torce accese alla mano. Era portata la Sacra Immagine in un suntuoso Baldacchino in figura di Sincona d’Altare co’ suoi colonnati, il tutto ricoperto di un ricchissimo broccato d’oro, dono della pietà generosa di una delle principali dame della Città, ed era fermata entro una cornice dorata, ornata di finissimi intagli tutti posti in oro di vago e modesto artificio, con sopra un bellissimo cristallo, il tutto d’idea e dono della pia munificenza del nostro Eminentissimo Porporato, che volle ancora in questa occasione aggiungere vaghezza e decoro al Tempio della Misericordia con una balaustrata di belli marmi avanti l’altar Maggiore. Fu cosa da eccitare un tenero giubilo di devozione il veder tutti li borghi della città dove passava la Vergine illuminati, facendo a gara ciascheduno di mostrare l’impegno di onorare la loro Augustissima Protettrice.

Giunta finalmente l’aurora del sospirato giorno delli otto, fu salutato un giorno sì lieto col suono di tutte le Campane della Città, col rimbombo delle artiglierie. Su le ore quindici in circa, l’Eminentissimo Signor Card. nostro unitamente con Monsig. Illustrissimo Simonetti con numeroso treno di carrozze si portarono in abito e rocchetto alla detta Chiesa maestosamente apparata, ove furono ricevuti dai Padri, dal Clero, dai Sig. di Magistrato e dai Signori deputati della festa; onde tosto si diè principio alla Messa solenne cantata da S. E. con esquisita Musica a più Cori, diretta dal Signor Tinazzoli di Bologna, essendo a ciò intervenuti con buoni stipendi i migliori virtuosi di Province lontane.

Terminato il vangelo, perorò sopra la corrente solennità con un bello e propriissimo Panegirico, il P. Maestro Venturini Domenicano vicentino soggetto di grande merito, e grido con pieno applauso de’ circostanti, e successivamente compita la Messa si venne all’atto della Coronazione. Poiché vestitasi S. E. con pluviale e mitra, Monsig. Illustrissimo Simonetti staccatosi dalla sua sedia, in cui aveva sempre assistito vicino al trono del Porporato, dopo breve Orazione alla Santissima Immagine, s’alzò, e fatta profonda riverenza alla medesima, e poi a S. E., e a tutto il Clero, si portò al trono dell’Eminentissimo Vescovo, e presentogli in un bacile le due corone d’oro di bellezza, e lavoro veramente ammirabili; allora S. E. sceso dal Trono vestito Pontificalmente, e seguito dal Prelato medesimo; si portò ad orare davanti all’Altare, ove era intronizzata la S. Immagine, e fatta quivi altra breve orazione, S. E. e Monsignore asceso sopra l’Altare per due scalinate differenti a tal effetto con ottima simmetria collocate, l’una al corno del Vangelo, e l’altra dell’Epistola. Indi S. E. prese le preziose Corone dalle mani dello stesso Prelato, le collocò sul capo adorabile dell’Augustissima Madre, e del Celeste Bambino. Fu accompagnato quest’atto col rimbombo strepitoso dell’artiglieria, colla scarica di tutta la soldatesca, e col suono universale delle campane, di trombe e Tamburi, che eccitarono un sacro orrore misto di gioia e di venerazione. Intuonossi poscia da S. E. l’Inno – Ave Maris Stella – col quale cantato dal gran Coro dei Musici si compie’ l’atto della festosa, e magnifica Coronazione.

Con la stessa solennità fu festeggiato il rimanente del giorno né vesperi solenni cantati da S. E. colla solita assistenza di Monsignor Simonetti, del Capitolo e Clero tutto vestito cogl’abiti sacri. Come l’esquisitezza della Musica non lasciò conoscere agl’astanti il fine del giorno, con cui terminarono i Vespri Solenni; così ne meno s’accorsero della notte, quando usciti dalla Chiesa videro illuminata tutta la Città dal gran giorno d’innumerabili torcie, e vaghissimi lumi, che, e né Palazzi dè Nobili, e nelle case popolari d’ogni intorno nelle contrade della Città risplendeano.

Ma ciò che fece arrestare la meraviglia del gran popolo fu la gran machina preparata nella pubblica Piazza: Figurava questa con bellissima proporzione, e simmetria il tempio della nostra Signora della Misericordia ben regolato partitamene con tutto il disegno d’architettura con una bella Cuppola; il tutto di grandezza, e altezza proporzionata, in guisa, che rappresentavasi alla vista la figura d’un vero tempio, che con diletto empiva gl’occhi dei riguardanti, e sopra il cornicione principale sotto la Cuppola, risiedea maestosamente una grande e bella statua della SS. Vergine con simboli della Giustizia, archi, e frecce spezzate in ambe le mani in atto di romperla, e di cambiarle con pietose insegne della Misericordia.

Fu cosa, che sorprese di una dilettevole meraviglia allo scoppio di un solo raggio il vedere in un momento illuminata tutta la gran machina con una illuminazione così bene architettata, che non fu meno ammirabile del mantenersi, che ella fece per lunghissimo spazio sempre accesa sino alla fine, in mezzo a un diluvio di raggi, e di fuoco, di girandole, di piogge, e di scoppi ben ordinati, che facevano nei circostanti un giocondissimo, misto di terrore, e di piacere.

Li giorni poi del lunedì e martedì furono parimente solennizzati colla stessa sontuosità, avendo col suo esempio l’ Eminentissimo nostro Vescovo, come pure Monsig. Simonetti messo in un’ impegno divoto la pietà del Clero, della nobiltà, e del popolo sì cittadino che forestiere ad intervenire sempre più numeroso alle Messe e Vesperi sempre egualmente solenni; come pure ai Panegirici, il lunedì recitato dal P. Lettore Boni dell’ordine dei Predicatori dell’Osservanza, e il martedì dal P. Maestro Gervasi Minore Conventuale, ambedue degni d’essere prescelti col primo per un’emergenza sì rara e onorevole. Così pure tanto la seconda, che la terza sera si fecero con nuova invenzione altri Fuochi artificiali dalla medesima macchina riusciti sempre con uguale soddisfazione ed applauso del numero prodigioso del popolo accorso a vederla.

E certamente il concorso de forestieri fu una delle cose, che molto contribuirono a rendere più magnifica la Solennità: numero riguardevole, e per la moltitudine, e per qualità essendovi intervenuti oltre ad un infinito popolo, una quantità grande di cavalieri, di dame, di Prelati, di Principi, e tra questi la signora Principessa, e signor Principe di Civitella, trattati con regia splendidezza da Sua Eminenza, con li quali la sera della domenica onorarono il palazzo della Città per godervi la macchina di fuochi artificiali assieme con numeroso corteggio di nobiltà, essendo stati tutti ricevuti dalla pubblica rispettosa munificenza con preziosi rinfreschi.

Sarebbe un togliere all’ammirazione uno de’ più belli oggetti, quando si chiudesse il presepe ragguaglio senza dar qualche contezza leggiera dell’apparato della gran Chiesa. Facea questa nel primo ingresso il più pomposo, il più vago incontro, che possa immaginarsi, sì per la nobiltà delle suppellettili, sì per l’industriosa disposizione delle medesime. Era il gran soffitto tutto coperto da tre gran quadri messi a ricamo ed a pittura, e in quel mezzo vi si scorgea scritto a gran lettere d’oro – CORONAM AUREAM SUSCEPI, ET PARATA SUM FACERE VOBISCUM PACEM MAGNAM – tolte dal libro de’ Mach. Dai lati di questi gran quadri per lungo quanto è grande la chiesa scendevano due gran cascate di Zendado cangiate a più colori, che con un giro proporzionato andavano ad unirsi alle pareti, da cui pendevano uniformemente preziosi damaschi, essendo anche gli archi delle finestre, e particolarmente delle Cappelle ornati con drappi ben divisati, e con intiera nobiltà e vaghezza. In faccia vedeasi innalzato sino al gran cornicione nel sito della confessione un gran baldacchino trinato d’oro, sotto al quale eregevasi l’Altare preparato alla gran funzione, e sul quale montatasi colle due maestose scalinate, delle quali si è parlato di sopra. Sarebbe un’istancare la mente e la penna il voler descrivere parte per parte tutta la magnificenza e la pompa di quest’apparato degno d’una funzione sì strepitosa.

Nell’ingresso poi della piazza avanti il Tempio suddetto s’ergeano tre archi di maestosa architettura, e in quello di mezzo, che era il più alto leggevasi una bella epigrafe, e di molte altre ne era adorna la facciata della Chiesa medesima, le quali per esser degne di una commemorazione più distinta, faranno sorse assieme con altre parti di spiritosi ingegni donate alla pubblica approvazione.

Si rese altresì ingegnosa la privata pietà de’ più studiosi cittadini per interesse coi fiori poetici un’altra Corona da inestare all’aureo Diadema, e ne fu si feconda, che non potendoli raccorre tutti in uno, convenne dividerli, onorandoli, e colle pubbliche stampe, e cogl’ auspici, l’uno dell’Eminentissimo nostro Principe, l’altro dell’Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Simonetti.

Dopo il Vespero del martedì ordinò Sua Eminenza, che dovesse farsi la Solenne Processione colla Santa Immagine per tutta la città, per consolazione spirituale del popolo, e singolarmente delle Vergini Claustrali. Il sistema della medesima Processione era come segue.

Precedevano le numerose Confraternite colle proprie loro Croci d’argento massiccio, e Mazze in quantità pure d’argento; ciascuna delle Croci era accompagnata da torce accese. A queste succedeano le Religioni numerose., essendosi contati solamente del PP. Minori Conventuali sopra gli ottanta, e a queste il Clero in gran numero secondo i loro gradi con torce accese, e li Signori Canonici vestiti con grandi Pluviali come gli altri Sacerdoti con Pianete: veniva dopo l’Eminentissimo Vescovo in abito pontificale, vicino a lui l’Illustrissimo Monsignor Simonetti in abito prelatizio come sopra. Dopo di che portavasi la Sacra Effigie nella Sincona, e ornamento già detto, da quattro Confratelli vestiti con le loro divise, e apparivano ancora impiegati a tale funzione quattro dei Signori dell’Illustrissimo Magistrato, quali erano seguiti da altri quattro del medesimo Magistrato con torce, e in mezzo di loro l’Illustrissimo Governatore della Città, e dopo questi una gran comitiva di Gentiluomini in Abito di Città tutti con Cerei alla mano, e certamente non fu una cosa delle meno splendide la strepitosa e profusa quantità delle cere. Dopo la comitiva della nobiltà venivano le arti ciascuna colle proprie insegne, e statue dei Santi loro Protettori maestosamente addobbate, e dietro di esse chiudea l’ordinata Processione la Milizia a piedi ben ordinata coi suoi Officiali; ma il numeroso popolo, che la seguiva con un disordine assai vago e divoto, facea maggiormente spiccare il buon ordine della Processione, e la chiudea con un corteggio solenne e grandioso. La salva di tutta l’artiglieria e dei mortaretti, il suono dei Sacri metalli unito agl’Inni, che dappertutto cantavansi in onore di Dio e della Vergine, aggiungevano non so che di grande e di strepitoso alla meraviglia della comune pietà, alla quale cooperarono le sacre vergini dei Monasteri, che schierate nei loro Chiostri in bell’ordine venerarono il Santuario, che in passando sul loro, fermato a bella posta innanzi le porte, dove l’omaggio di una modesta e sacra devozione ricevette ancora il tributo di generosi donativi di cere e fiori di eccellente artificio.

Terminata la Processione fu il prezioso deposito restituito alla Chiesa medesima de Padri Conventuali per proseguire a solennizzarlo per tutto l’ottavario coi soliti cori musicali e con la sempre costante frequenza dei devoti.

Né mancarono altre funzioni sì sacre, che letterarie di rendere solenni i giorni dell’ottavario, fra quali meriterebbero un distinto ragguaglio le pubbliche dispute, e le accademie, le quali dopo di avere il mercoledì mattina resa S. E. in pubblica forma coi fiocchi la visita a Monsignor Simonetti, fu il dopo pranzo, nei giorni susseguenti presente assieme col detto prelato al famoso Collegio Campana, frutto della magnanima Pietà dell’ultimo rampollo di questa famiglia patrizia, che col suo ricco patrimonio a dato loro la materia alla gran mente del nostro Emmentissimo Vescovo, di renderlo per numero e qualità dei convittori, per la scelta dei Maestri, per la sontuosità della fabbrica, e molto più per l’attenta e prudentissima direzione del suo Patrocinio uno dei più riguardevoli e maestosi Licei dello Stato Ecclesiastico; e nel sabato susseguente Monsignore Ill.mo Simonetti restituì le visite di mantelletta, e rocchetto all’ Ill.mo Magistrato, al Reverendissimo Capitolo, al P. Reverendissimo Generale dei Monaci Silvestrini.

La domenica poi giorno dell’ottava si cantarono Messa e Vespero con l’assistenza, di S. E., di Monsignore Ill.mo Simonetti Reverendissimo Capitolo, e Illustrissimo Magistrato, e vi perorò con un applauso non inferiore ad alcuno il R. P. Reggente Gabrielle Marmocchi Agostiniano. Dopo il vespero doveasi con altra più solenne Processione fare il trasporto della Sacra Immagine alla propria Chiesa fuori della Città apparata similmente con nobiltà di damaschi cremisi, e france d’oro al qual effetto era anzi preparati diversi Archi trionfali di perfetta simmetria, e fatti altri provvedimenti onorevoli, ma come se la Vergine volesse dare un segno del suo materno aggradimento col non uscire si sostò da una Città così benemerita della sua devozione, il tempo, che tutti quei giorni era stato propizio impedì sul punto medesimo di eseguire il meditato trasporto; terminatasi però all’ora la funzione da S. E. col solenne TE DEUM cantato dal pieno Coro de Musici, col solito strepitoso eco de’ metalli non tanto sacri che profani.

La sera dunque del martedì essendo già spirata l’ottava fu trasportata privata la SS. Vergine alla propria Chiesa col’ intervento di Monsignor Simonetti in Abito, e di tutta la Nobiltà con torce accese in mano, e di molte dame a piedi per propria devozione, e in detta Chiesa si rogò l’atto della consegna delle corone fatta da Monsignore Simonetti al Sig. D. Giuseppe Magnani curato di detta Chiesa, con l’obbligo di questo, e de’ suoi Successori di doverle sempre, e in perpetuo conservare in Testa delle Sacre Immagini.

Prima di conchiudersi questa Relazione, non sono da tacersi i clementissimi contrassegni di aggradimento, che volle darci Maria, col mostrarsi veramente verso di noi Regina della Misericordia, tenendo lontana colla sua mano prodigiosa a materna ogni accidente, che potesse funestare il giubilo e la pietà de suoi, e massime il giorno della Solennità, che minacciava dirotte piogge, non ne diede neppure una goccia in questa città, dove nelle vicinanze cadde in gran copia e così ancora successe per tutta l’ottava, toltole gl’ultimi momenti, ne’ quali come si disse, la pioggia non servì, che a farla rimanere ancor qualche giorno dentro le nostre Mura. La stessa tenerezza di Patrocinio l’esercitò verso degl’operai impiegati in di lei servizio, come si ammirò con evidenza in un falegname, il quale nel mentre dava violenti colpi in un legno, uscì l’accetta dal manico, e lo colpì di taglio in una gamba senza alcuna lesione, avendone bensì tagliata la calzetta. Potrebbonsi aggiungere altre grazie anche prodigiose operate in questa occasione dalla nostra Signora, e Madre, come d’infermità disperate, risanate ad un tratto, e altre di varie sorti, che tralasciamo affine di non prolungare la narrativa, e di non far credere agl’altri, che siano rari appresso di noi quei benefici di Maria, che ormai per noi non hanno altro di raro, che l’esser quotidiani.

Da quel tempo fino a’ nostri giorni, colla devota venerazione alla sacra Immagine della Madonna della Misericordia, non venne mai meno negli Osimani con la schiettezza di religiosa fede, la fiducia nel suo valevolissimo patrocinio. Nei tempi infausti di pubbliche calamità, e quando o inaridito il terreno, o troppo bagnato dalla pioggia negò agli uomini e agli armenti pascolo e cibo, sempre il Magistrato della Città in solenne pubblica forma, preceduto da trombettieri e donzelli, accompagnato dal Governatore della Città medesima, e seguito da immenso stuolo di Cittadini di ogni ordine, si condusse, fino a nostra non lontana memoria, al Sacro Tempio della Vergine della Misericordia, siccome a muro e difesa inespugnabile nei cittadini bisogni, per implorare con triduane preghiere grazie e soccorso, a quelle pubbliche preci non mancò mai di succedere pubblica, doverosa e solenne dimostrazione di gratitudine.

Osimo, nell’ Agosto 1892

APPENDICE
DI ALTRE NOTIZIE
CONCERNENTI LO STATO ATTUALE
DEL
SANTUARIO DELLA MADONNA
E LE PIE ISTITUZIONI
IVI RECENTEMENTE STABILITE

«  Anche al presente, benchè senza intervento in forma solenne del magistrato, in ogni sorta di pubbliche e private necessità si fa ricorso alla Madre della Misericordia con tridui di preghiera ed altri pii esercizi: e che Ella in simili circostanze non si faccia pregare invano, chiaramente lo attestano i numerosi voti che pendono intorno al suo altare, i ceri e lumi che quasi di continuo vi si fanno ardere, e le offerte e donativi d’ogni genere che bene spesso son recati a questo Santuario.

A testimonio pertanto d’affetto e riconoscenza verso tanta Benefattrice venne istituita una festa annuale sotto il dolce titolo di Maria SS.ma MADONNA DELLA MISERICORDIA che si celebra la 1.a domenica di Settembre. Tale festa si fa con lo spontanee oblazione dei devoti, e ogni terzo anno viene solennizzata con maggior pompa, non solo interna, ma anche esterna, che perciò viene chiamata festa triennale, concorrendovi sempre una grandissima folla di popolo non solamente osimano, ma anche dei limitrofi paesi.

Non è quindi a meravigliare se, tale essendo la devozione e la pietà non pure degli Osimani, ma altresì dei popoli circonvicini verso la Vergine Madre di Misericordia, il sacro Tempio, ove Ella si venera, anche nella sua parte materiale debba sperimentarne notabile vantaggio; come è avvenuto specialmente in questi ultimi tempi, in cui si è provveduto l’organo di proporzioni non grandi ma di buon effetto, appositamente costruito dall’Egr. Sig. Morettini di Perugia, e si è posta nel campanile una nuova campana più grande delle due presistenti, e che fa con queste un bellissimo concerto; e quanto prima se ne porrà una quarta per completarne il concerto, e specialmente vi è innalzato il nuovo altare maggiore, dove è esposta la Santa Immagine, tutto di bianco marmo di Caccara, con moltissimi altri marmi di vario colore, eseguito sopra disegno del Sig. Ingegnere Osimano Costantino Costantini, senza ricordare altri restauri di minor momento. Ora poi si sta trattando di rinnovare il pavimento della Chiesa, cosa che tra breve si spera sia mandata ad effetto.

Per quel che spetta all’Officiatura del Sacro Tempio ivi sogliono farsi tutte quelle Sacre Funzioni che nelle varie congiunture dell’anno ecclesiastico possono servire ad alimentare la fede dei fedeli. Oltre le funzioni parrocchiali in ogni festa di precetto, e le novene, settenari, tridui, Via Crucis ecc, secondo le circostanze occorrenti, meritano special menzione il mese di Novembre dedicato al sollievo delle anime purganti, con infine un officio generale di messe a vantaggio di coloro che offersero qualche elemosina durante il mese; quello di Marzo in onore del Patriarca S. Giuseppe; quello di Ottobre dedicato alla Vergine del Rosario, e in modo particolare quello di Maggio, in onore della Vergine Madre, che per la pompa con cui si celebra non cede a verun altro pio esercizio di questo genere che si pratica in qualunque altra chiesa della città.

A promuovere poi e perpetuare vie meglio queste pratiche di figlial culto verso la Madre di Misericordia, e procurare maggiormente il decoro del suo Santuario, si è stabilito da poco tempo un pio Sodalizio intitolato: « Pia Unione ad onore di Maria SS. Madre della Misericordia, eretta nella Chiesa parocchiale di Santa Maria della Neve, detta della Misericordia, nei sobborghi di Osimo. » Questo pio Sodalizio ha un triplice scopo: Il primo come s’è accennato; è di conservare ed avvivare sempre più nei cuori dei fedeli la divozione e l’amore verso la Vergine Madre della Misericordia; il secondo è di concorrere, per quanto il permetteranno i fondi di cui si potrà disporre, a rendere più splendida la festa triennale, ed anche l’annuale in onore della medesima Vergine SS.ma invocata qual Madre della Misericordia, e il terzo finalmente mira tutto al vantaggio spirituale degli ascritti, i quali, contribuendo cinque centesimi, ogni settimana, oltre la partecipazione di tutto il bene che si fa nella Chiesa predetta colle varie funzioni sopra nominate, godono il vantaggio di una Messa che si applica per tutti loro nel primo sabato d’ogni mese all’altare privilegiato della Madonna, di cui si espone l’Immagine; di un officio speciale messe dentro l’anno, come si dirà in appresso nel proprio luogo parlandosi dei Vantaggi degli ascritti a questa Pia Unione, e alla sua morte, ciascuno degli Ascritti ha diritto ad un officio di messe in numero proporzionale alle rendite, e ad un accompagno funebre speciale del suo cadavere, dalla Chiesa al pubblico Cimitero. E difatti a cura di questo Pio Sodalizio ha preso già sin da ora maggiore sviluppo la festa annuale della Madonna della Misericordia, della quale si è parlato di sopra che si celebra la prima Domenica di Settembre, e specialmente la Festa medesima , che come fu detto, ad ogni triennio si usa solennizzare con apparato speciale di decorazione e religiose funzioni nell’interno della Chiesa, alle quali si aggiungono varie dimostrazioni esterne di pubblica allegrezza.

Oltre questo Pio Sodalizio, ve ne sono altri due eretti canonicamente eretti in questa Chiesa della Misericordia, cioè quello del SS. Sacramento e Nome di Maria, e l’altro di Maria SS. Addolorata che conta già più di 400 Consorelle; le quali pagando la tenue efferta annua di centesimi 75 godono moltissimi vantaggi spirituali si in vita, come dopo morte con messe ed altri suffragi.

La Vergine Madre di Misericordia, alla cui maggior gloria son dirette in un modo o in un altro le predette Pie Istituzioni, riguardi benigna dal trono della sua gloria tutti coloro che tanto s’adoperano per onorarla e farla onorare, e colla sua materna intercessione ottenga loro e a tutti i suoi devoti copiosi frutti di santificazione e di eterna salvezza.